Definire la parola contrasto, tracciarne un confine di significato che in qualche modo ne contenga il senso è molto difficile. Oggi le parole non coincidono più con le cose e con buona pace di Gertrude Steine Une rose n’est pas une rose, n’est pas une rose ognuno il suo significato lo interpreta per sé e le interpretazioni producono una deriva che si perde all’infinito. Quando proviamo a rappresentarlo, un contrasto, non facciamo altro che limitarci ad una figurazione soggettiva, immaginaria, immaginale. Eppure il contrasto è la sostanza della nostra esperienza quotidiana, la forma del vivere. Se è vero il celebre frammento del filosofo greco Eraclito: Pòlemos è il padre di tutte le cose, dove Pòlemos significa la guerra, il contrasto, appunto, allora non c’è stato della materia che non sia caratterizzato dal contrasto, non c’è generazione senza contrasto, non c’è dimensione dello spirito che non sia caratterizzata da questa sostanziale opposizione di enti ed essenti. Non è forse vero che ognuno di noi ha sperimentato la natura di questo conflitto nel suo processo creativo?

Ogni realizzazione sperimenta la guerra, la prescrive, la mette in scena. Poi la liberazione, ma se guardiamo bene non c’è il più minuto apparire della materia senza contrasto; a livello organico, la vita e i batteri che ne sono i generatori, sono in perfetto equilibrio strategico quando abbiamo un individuo sano, ma basta un niente e l’esito della battaglia può arridere a un fronte oppure a un altro. Nel macrocosmo la luce lotta per non precipitare in un buco nero e l’orizzonte degli eventi che, scientificamente, ne descrive la fisionomia, assomiglia tanto alla metafora della nostra mente sognante, durante il sonno. Lo scontro, il contrasto di faglie profonde della psiche umana è alla radice del sublime nella pittura protoromantica ed è forse dalla frizione di un animo esacerbato dal conflitto col nulla che nasce la rivolta, la vittoriosa l’azione pittorica di Pollock.  Nella pace c’è solo silenzio e la nostra voce inquieta, il nostro sussurro fantastico ne sonda i confini alla ricerca del senso.


Gli artisti del DLF si sono misurati con la tela bianca ed è veramente fonte di meraviglia osservare, trovare un punto di vista fuori dai flutti turbinosi delle ipotesi pittoriche per cercarne il significato e ammirarne le definizioni. Buona passeggiata, buona lotta con la forma, il colore. Ne usciremo entrambi migliori. La pittura del resto, come colui che la guarda, ha la capacità di portare alla luce la lunga storia dei nostri conflitti, la lunga durata dei nostri errori, dei nostri ripensamenti, dei nostri conflitti con l’ombra, dei pentimenti, dei sensi di colpa prima delle nostre vittorie, prima dei nostri frutti migliori, o dei nostri trionfi sui mulini a vento della luce, una luce intesa come l’abbaglio che istituisce storie, immagini, forme prima della fine del giorno, prima della notte del senso. Ogni giorno la luce lotta con l’ombra, ogni giorno non c’è pace nel nostro vivere. Restare non significa niente, la stasi è impossibile, perché tutto si trasforma, tutto è in movimento, teatro colorato, conflitto tra la luce e l’ombra.